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Guida per la gestione dei servizi demografici - Numero 72 - Marzo 2019

L'Ufficiale di Stato Civile

Il tema del mese

Le DAT, dopo un anno dalla loro introduzione. Il problema della busta chiusa …

1. La norma

Il 22 dicembre 2017, dopo un lungo iter parlamentare e un notevole dibattitto culturale il parlamento emanava la Legge n. 219. La norma si compone di 8 articoli, ma quelli veramente importanti sono solo i primi 5. Quello che ci riguarda più da vicino è:

Art. 4. Disposizioni anticipate di trattamento

1. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

2. Il fiduciario deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere. L’accettazione della nomina da parte del fiduciario avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo, che è allegato alle DAT. Al fiduciario è rilasciata una copia delle DAT. Il fiduciario può rinunciare alla nomina con atto scritto, che è comunicato al disponente.

3. L’incarico del fiduciario può essere revocato dal disponente in qualsiasi momento, con le stesse modalità previste per la nomina e senza obbligo di motivazione.

4. Nel caso in cui le DAT non contengano l’indicazione del fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace, le DAT mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente. In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile.

5. Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 1, il medico è tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. Nel caso di conflitto tra il fiduciario e il medico, si procede ai sensi del comma 5, dell’articolo 3.

6. Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del Comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di cui al comma 7. Sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Nei casi in cui ragioni di emergenza e urgenza impedissero di procedere alla revoca delle DAT con le forme previste dai periodi precedenti, queste possono essere revocate con dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, con l’assistenza di due testimoni.

7. Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili.

8. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT in base alla presente legge, anche attraverso i rispettivi siti internet.

2. I contenuti salienti della nuova legge: il consenso informato

La legge, negli altri articoli che non hanno immediata rilevanza per i servizi demografici, intende tutelare tre diritti fondamentali:

  • il diritto alla vita;
  • il diritto alla salute;
  • il diritto alla dignità e all’autodeterminazione della persona.

A tal fine stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

È dunque bandito il cosiddetto “accanimento terapeutico” senza consenso del malato; allo stesso tempo si è inteso salvaguardare da responsabilità il medico che acconsentendo alla volontà del paziente, sospende le cure.

La norma inoltre salvaguarda anche l’intervento, in questa “relazione di cura”, tra medico e paziente, dei suoi familiari, del coniuge o della parte dell’unione civile o del convivente ovvero di una persona di fiducia del paziente medesimo, denominato: “fiduciario”.

Ovviamente per poter decidere, è necessario che il paziente possa conoscere le proprie condizioni di salute e possa essere informato in modo completo, aggiornato e comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.

3. La prova del consenso informato

Il paziente può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

4. Il diritto al “rifiuto delle cure” e l’esonero delle responsabilità del medico

Ogni persona capace di agire ha inoltre il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Può ovviamente revocare un consenso già espresso, come può revocare il rifiuto già espresso.

Fin qui si tratta di principi non particolarmente nuovi e non particolarmente “problematici” in tema di etica. Si precisa però che “il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”.

Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla.

Per il codice deontologico dei medici italiani le pratiche eutanasiche sono vietate, dunque, fin quando rimarrà detto codice, i medici italiani dovranno rifiutarsi di somministrare cure tese all’eutanasia attiva. Quale poi sia il confine tra eutanasia attiva, in cui cioè il medico somministra cure tese ad agevolare la morte, e l’eutanasia passiva, quella cioè dove il medico non si attiva per dare cure che allontanino la morte, è veramente complesso e fuori dalla comprensione degli addetti ai servizi demografici comunali.

5. Minori e incapaci

Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.

Per la persona interdetta il consenso è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della persona nel pieno rispetto della sua dignità.

Per l’inabilitato è espresso dalla medesima persona inabilitata. Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere.

6. La terapia del dolore

Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore e l’erogazione delle cure palliative.

Quando il paziente ha una prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.

7. Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT)

Uno dei punti più controversi della norma è proprio quello del cosiddetto testamento biologico; ci si chiede infatti quanto possa valere una disposizione data nel momento in cui la persona era capace di intendere e volere rispetto a quando la persona sarà in un grave momento di prostrazione psicofisica, quant’anche incapace di intendere.

Il legislatore, accogliendo l’istanza di una larga parte dell’opinione pubblica, ha scelto di permettere che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto alle cure.

A tal fine indicherà una persona di sua fiducia, denominata “fiduciario”, che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

8. Il rispetto delle DAT o delle altre disposizioni da parte del medico

Il medico è tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese solo qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.

Il medico inoltre, qualora ritenga che le cure siano appropriate e necessarie, sia contro la volontà del fiduciario che del legale rappresentante, può rimettere la decisione al giudice tutelare su ricorso suo o del rappresentante legale della persona interessata. In caso di necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno.

9. Il registro delle DAT “ove istituito” presso l’ufficio di stato civile

Le DAT, per essere efficaci, devono essere redatte:

  • per atto pubblico;
  • per scrittura privata autenticata da un notaio (anche se la legge non dice chi deve autenticare la DAT, si esclude che possa essere fatto da un dipendente incaricato dal sindaco. Senza un’apposita disposizione di legge, in assenza della quale la autentica del dipendete comunale, essendo illegittima, determinerebbe la nullità della stessa, l’unica autentica legittima è quella del notaio…)
  • per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del Comune di residenza, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito;
  • per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso le strutture sanitarie;
  • nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare.

Le DAT sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento.

La norma prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT, anche attraverso i rispettivi siti internet.

10. Le scarne istruzioni ministeriali (Circ. 2/2018)

Il Ministero dell’Interno, che dovrebbe rendere uniforme in tutta Italia l’attività degli oltre settemila uffici demografici, a febbraio 2018, dopo due mesi dall’emanazione della legge, ha pubblicato la Circolare n. 2, che prevede solo questi punti:

  1. l’ufficio dello stato civile è legittimato a ricevere esclusivamente le DAT consegnate personalmente dal disponente residente nel Comune, recanti la sua firma autografa. L’ufficio non è legittimato a ricevere le DAT recate da disponenti non residenti;
  2. l’ufficiale non partecipa alla redazione della disposizione né fornisce informazioni o avvisi in merito al contenuto della stessa, dovendosi limitare a verificare i presupposti della consegna con particolare riguardo all’identità ed alla residenza del consegnante nel Comune e a riceverla;
  3. all’atto della consegna l’ufficiale fornisce al disponente formale ricevuta, con l’indicazione dei dati anagrafici dello stesso, data, firma e timbro dell’ufficio; tale ricevuta potrà essere apposta anche sulla copia della DAT eventualmente presentata dal disponente ed allo stesso riconsegnata trattenendo l’originale;
  4. la legge non disciplina l’istituzione di un nuovo registro dello stato civile rispetto a quelli contemplati nel vigente art. 14, primo comma, nn. 1 - 4-bis, R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, di talché l’ufficio, ricevuta la DAT, deve limitarsi a registrare un ordinato elenco cronologico delle dichiarazioni presentate, ed assicurare la loro adeguata conservazione in conformità ai principi di riservatezza dei dati personali di cui al d.lgs. 30/6/2003, n. 196.

    Al riguardo, considerato che il legislatore ha stabilito la competenza dell’ufficiale dello stato civile secondo il criterio di residenza del disponente, va segnalata l’importanza di assicurare il costante raccordo organizzativo con il corrispettivo ufficio d’anagrafe, soprattutto per la corretta trattazione delle fattispecie riguardanti quei disponenti che, migrati da altri Comuni, consegnino al nuovo Comune di residenza nuove DAT, modificative di precedenti, o revoche delle stesse.

    Quanto alle indicazioni in merito alle modalità di trasmissione delle DAT alle «strutture sanitarie», si segnala che le stesse richiedono la preventiva emanazione del decreto del Ministro della Salute previsto dall’art. 1, comma 419, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio 2018), il cui iter stabilisce il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni, nelle forme dell’intesa, ed il preliminare parere del Garante per la protezione dei dati personali. […]

Non risulta che ad oggi il Ministero della salute abbia emanato istruzioni per i comuni,

11. Le perplessità del Garante della privacy

È abbastanza evidente che la previsione normativa, almeno per quanto ci riguarda, e le scarne istruzioni ministeriali nulla dicono sul tema più importante, cioè sulla conservazione delle DAT stesse e sul relativo registro.

Durante l’iter parlamentare della legge, venne sentito il Garante della Privacy, che ebbe a dire, tra l’altro nella sua Audizione informale del 20/06/2017:

[…] Non si disciplinano espressamente, dunque, le modalità di tenuta, conservazione, accesso alle Dat e al relativo registro da parte degli uffici comunali, né le modalità di istituzione (peraltro del tutto eventuale e facoltativa), da parte delle regioni, della banca dati delle Dat, né le modalità di raccolta delle copie delle stesse, rinviando a fonti regionali, di rango non precisato, l’eventuale disciplina. […].

L’indeterminatezza su aspetti essenziali di un così rilevante trattamento di dati sensibili è una criticità da superare, per la tutela tanto del diritto alla protezione dei dati personali quanto per l’effettività del diritto alla autodeterminazione terapeutica che le Dat mirano a garantire. Se le disposizioni anticipate di trattamento non sono, infatti, protette adeguatamente –come prescrive la normativa privacy– dal rischio di accessi abusivi, manipolazione, alterazione, distruzione o perdita dei dati ivi contenuti, si vanifica del tutto lo scopo che esse intendono perseguire. Garantire, cioè, il rispetto della volontà del paziente in ordine ai trattamenti sanitari cui essere sottoposto, nel momento in cui dovesse perdere la capacità di autodeterminarsi, secondo le direttive da lui stesso espresse appunto con lo strumento delle Dat.

Se, ad esempio, la revoca della Dat disposta dall’interessato non fosse annotata nel relativo registro, se il contenuto delle Dat non fosse aggiornato al nuovo e diverso intendimento espresso dall’interessato –in violazione dei principi di esattezza e aggiornamento dei dati trattati– nel momento in cui questi dovesse perdere la capacità di autodeterminarsi nessuno, neppure il fiduciario ove nominato, potrebbe garantire l’effettivo rispetto della volontà del paziente. E dunque lo strumento delle Dat non potrebbe esplicare la sua essenziale funzione di tutela della autodeterminazione dell’interessato, peraltro con quell’esigenza di costante aggiornamento necessaria per garantire la corrispondenza della dichiarazione all’eventuale evoluzione o mutamento che dovesse interessare la volontà del paziente.

Il rispetto della normativa di protezione dati –che si articola in misure di sicurezza adeguate, garanzie di esattezza, aggiornamento, integrità dei dati trattati, in particolare se sensibili– è dunque, in questo senso, una condizione imprescindibile di effettività del diritto alla autodeterminazione terapeutica, da garantire con norme che possono integrarsi nel testo all’esame della Commissione, senza neppure stravolgerne la struttura ma, anzi, migliorandone l’equilibrio complessivo […].

12. L’ineludibilità del regolamento comunale a tutela della riservatezza e per una sicura conservazione delle DAT

Quindi né il Ministero dell’Interno, né il Ministero della Salute, né il Garante della Privacy hanno dato al Comune le istruzioni pratiche su:

  1. Obbligatorietà del registro (“ove istituito”, può voler dire sia “qualora venga istituito, lasciando facoltà al Comune di farlo o meno; ma potrebbe anche voler dire “quando istituito, obbligando i Comuni ad istituirlo …);
  2. Sicurezza delle modalità di conservazione del registro stesso e dei documenti consegnati dal cittadino;
  3. Tutela della riservatezza dei dati consegnati, tenendo conto del principio del nuovo Regolamento europeo.

Noi temiamo che una volta che il Comune abbia deciso di “aprire” il registro delle DAT, diventi titolare di una “funzione” espressamente prevista da una norma, quindi la base giuridica del trattamento dei dati personali ivi contenuti sarà sicuramente “legittima”; ma come potrà l’ufficiale dello stato civile dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie a tutelare i tre principi appena elencati (obbligatorietà, sicurezza, tutela …)?

Sicuramente:

  • non potrà rimandare le modalità della gestione ai principi della norma che prevede solo: la “annotazione in apposito registro, ove istituito”;
  • non potrà invocare le istruzioni ministeriali che a tal proposito prevedono che: “deve limitarsi a registrare un ordinato elenco cronologico delle dichiarazioni presentate, ed assicurare la loro adeguata conservazione in conformità ai principi di riservatezza dei dati personali di cui al d.lgs. 30/6/2003, n. 196”;
  • non potrà invocare le istruzioni delle regioni o del Ministero della salute, che non hanno fornito alcuna indicazione pratica per gli uffici comunali;
  • non potrà invocare le disposizioni del Garante che ha segnalato: “Se le disposizioni anticipate di trattamento non sono, infatti, protette adeguatamente –come prescrive la normativa privacy– dal rischio di accessi abusivi, manipolazione, alterazione, distruzione o perdita dei dati ivi contenuti, si vanifica del tutto lo scopo che esse intendono perseguire”.

Rispetto al tema privacy e sicurezza del dato, sarà bene tenere nel debito conto anche quanto prevede il R.G.P.D. il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (REGOLAMENTO (UE) 2016/679), che assurge a norma di carattere superiore e vincolante, rispetto ai principi di minimizzazione e responsabilizzazione:

Articolo 5 - Principi applicabili al trattamento di dati personali

1. I dati personali sono: […]

c - adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati («minimizzazione dei dati») […]

f - trattati in maniera da garantire un’adeguata sicurezza dei dati personali, compresa la protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali («integrità e riservatezza»)

2. Il titolare del trattamento è competente per il rispetto del paragrafo 1 e in grado di comprovarlo («responsabilizzazione»).

Ancor più chiara a questo fine è la premessa a detto RGPD che al n. 74 dei “considerando”, prevede:

È opportuno stabilire la responsabilità generale del titolare del trattamento per qualsiasi trattamento di dati personali che quest’ultimo abbia effettuato direttamente o che altri abbiano effettuato per suo conto. In particolare, il titolare del trattamento dovrebbe essere tenuto a mettere in atto misure adeguate ed efficaci ed essere in grado di dimostrare la conformità delle attività di trattamento con il presente regolamento, compresa l’efficacia delle misure. Tali misure dovrebbero tener conto della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche”.

L’unico sistema che abbiamo, come comuni, per attivare un registro “sicuro” secondo i principi appena illustrati, è quello di dotarci di un apposito regolamento comunale, che rimette all’organo di indirizzo e “normativo”, il Consiglio Comunale, la responsabilità di dare concretezza e sicurezza ad una norma che dispone dei soli diritti e non della loro attuazione.

Della questione è stato interessato anche il Consiglio di Stato, che nell’Adunanza della Commissione speciale del 18 luglio 2018, ha espresso un parere molto articolato, dove tra l’altro si dice:

[...] occorrerà prevedere, su richiesta dell’interessato, l’invio alla banca dati nazionale delle DAT da parte dell’ufficiale dello Stato civile o dalla struttura sanitaria ai quali sono state consegnate e del notaio che le ha ricevute. Detto incombente è necessario per consentire al medico, in caso di bisogno, di conoscere se il paziente ha reso o meno le disposizioni in questione. […]

Anche il CDS però non dà alcuna indicazione di come devono essere gestite le DAT fino al momento in cui le regioni o il Ministero della salute si esprimerà

Quando poi il Ministero dell’Interno darà le indicazioni operative meno evanescenti ci si adeguerà.

13. La nostra proposta per dare concretezza e sicurezza alle DAT in Comune

Confessiamo di essere rimasti allibiti, a fronte delle considerazione appena esposte, quando abbiamo letto la circolare ministeriale che ha trasformato il registro in un “ordinato elenco cronologico delle dichiarazioni presentate”.

Ancor più allibiti siamo rimasti quando abbiamo sentito che diversi comuni, anche di grosse dimensioni e sufficientemente attrezzati da un punto di vista organizzativo, hanno istituito il registro raccogliendo le DAT senza alcun profilo di riservatezza e inserendole semplicemente in un faldone senza dare alcuna indicazione per annotare la consegna ed altro.

Abbiamo pertanto pensato di organizzare, all’interno del “Progetto OMNIA”, un’apposita sezione denominata: “Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT)” con i seguenti modelli:

  • Schema di deliberazione del Consiglio Comunale, e...
  • Regolamento comunale.

Abbiamo detto che l’organo competente ad istituire il registro e dare le regole per la sua gestione, in assenza di normativa e istruzioni da parte dello Stato, non può che essere il Consiglio Comunale, non sono ipotizzabili regolamenti o ordini di servizio da parte di organi comunali diversi, il TUEL è chiaro: i regolamenti sono di competenza del Consiglio Comunale.

  • Registro comunale delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario (DAT)

Nel registro andranno annotati, in ordine cronologico:

  • i dati anagrafici del dichiarante;
  • l’eventuale nominativo del notaio rogante;
  • l’eventuale indicazione espressa del fiduciario e/o di un suo vice;
  • l’eventuale indicazione di soggetti che possono accedere alle DAT oltre ai soggetti previsti per legge (il dichiarante, il notaio, il fiduciario o il suo sostituto, il medico di famiglia, i medici curanti e gli eredi);
  • le annotazioni o modifiche apportate successivamente, compreso il ritiro delle DAT stesse da parte del dichiarante.

Alla scheda con i suddetti dati, per quanto riguarda la nostra proposta, andrà allegata una:

  • Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà – sottoscritta di fronte al dipendente comunale addetto al registro – con estremi delle proprie DAT

Questa dichiarazione andrà a far parte degli allegati della scheda del registro assieme alla busta chiusa e sigillata con le DAT estese dal dichiarante. Sulla scelta della “busta chiusa” si veda il prossimo paragrafo. Nella dichiarazione, che rimarrà in chiaro e visibile, il soggetto dichiarerà:

  • di aver sottoscritto una DAT;
  • di avere indicato nella DAT come fiduciari le persone di cui fornisce i dati;
  • che la DAT è sigillata nel plico che viene consegnato in deposito;
  • che la DAT potrà essere visionata anche da una serie di soggetti previsti dalla norma.
  • Ricevuta di dichiarazione e di iscrizione nel registro comunale

Come previsto nella legge, chi deposita le DAT avrà una ricevuta.

  • Istanza di variazione o cancellazione

La norma prevede la possibilità del dichiarante di variare in ogni momento, e quindi anche di revocare, le DAT depositate. Ciò andrà fatto lasciando traccia di detta richiesta anche a tutela dell’ufficio. Per chi come noi prevede la busta chiusa, andrà in qualche modo lasciato traccia che in una determinata data, qualcuno ha aperto il plico e poi lo ha richiuso.

  • Istanza di accesso ai dati del registro da parte di soggetti che ne hanno titolo

Il momento in cui si palesa l’estrema delicatezza del registro è proprio quello in cui si presenterà qualcuno in Comune per chiedere di vedere cosa dispone il dichiarante in caso di malattia; lì bisognerà accertare con attenzione, in base a quanto dichiarato nella dichiarazione sostitutiva e in base a quanto prevede la norma, la titolarità ad accedere alle DAT.

14. Perché la “busta chiusa”

La domanda più complicata da farsi non è tanto quella relativa alla busta chiusa, ma alla forma della DAT. L’ufficiale dello stato civile, chiamato in causa dalla norma solo come consegnatario di una dichiarazione dal contenuto atipico, in cui il dichiarante non ha l’obbligo di nominare un fiduciario, perché deve conoscere il contenuto di una DAT a qualcuno?

Il Ministero nella sua circolare dice espressamente che: “l’ufficiale non partecipa alla redazione della disposizione né fornisce informazioni o avvisi in merito al contenuto della stessa, dovendosi limitare a verificare i presupposti della consegna con particolare riguardo all’identità ed alla residenza del consegnante nel Comune e a riceverla”.

Per fare una DAT, non esiste una formula come per tutti gli atti di stato civile, ma non si dice, neppure chiaramente, chi potrà ritirare le DAT per portarle dal dottore che sta eseguendo il trattamento sanitario.

Eppure il contenuto di una DAT è caratterizzato da una serie di dati sensibili (dopo il RGPD: “particolari categorie di dati”), quali le condizioni di salute, le convinzioni religiose o filosofiche, i rapporti affettivi con soggetti terzi, che non hanno nulla a che fare con il Comune, anzi, per il principio di minimizzazione del trattamento del dato, sono palesemente sovrabbondanti. Inoltre una eventuale conservazione in un plico aperto come tutelerebbe il Comune a fronte di eventuali annotazioni apposte senza verbalizzazione?

Alcuni autori, anche di case editrici prestigiose, hanno contestato pubblicamente questa nostra scelta di proporre la busta chiusa, adducendo non si è ben capita quale responsabilità di controllo dell’ufficiale di stato civile. Si dice in pratica che l’ufficiale dello stato civile dovrebbe controllare “la regolarità” della dichiarazione. Ma qual è il contenuto di una DAT regolare, quando la stessa non ha neppure una forma tipica?

Nel rispetto delle opinioni di tutti, riteniamo comunque di proporre ancora la busta chiusa con le modalità previste nel regolamento per aprirla o consegnarla …